Tag
La lista dei tag è vuota.
Sinceramente avrei voluto recensire un altro film,ma poi,mi sono fatto coraggio e ho deciso di affrontare l'argomento.
Avete presente il remake del 1998? Bhe,scordatevelo,finalmente il personaggio di godzilla rimane fedele all'idea che ebbe la Toho (almeno per l'apetto fisico):niente iguane giganti! In questo film, il regista Gareth Edwards sembra lanciare una bella sfida a Jim Wynorski (avete presente Dinocroc vs. Supergator??),NATURALMENTE,vincendola! Perchè dico questo?Partiamo dall'inizio. Non avete fatto caso che in questi ultimi tipi di film, i personaggi più importanti,escono sempre a metà-fine film? Io credo che se mai ci sarà un prossimo remake di Godzilla,questo apparirà nei titoli di coda,magari "distruggendo e mangiando" le lettere dei nomi degli attori! Comunque, non dilungandoci in altri discorsi, questa volta il mega dinosauro,dovrà vedersela con i M.U.T.O...infatti per gran parte del film,vedremo non soltanto un uomo che perde la moglie e impazzisce,ma soprattutto i M.U.T.O,cavallette giganti monoartiglio che...vedrete poi. Ed infine quindi Godzilla,salvatore della terra, giunto per distruggere gli esseri e riportare la pace sulla terra. Io credo che la trama in se sia questa, gli avvenimenti terrestri sono i soliti:il soldato che parte e lascia moglie e figli,non risolve niente e ritrova la famiglia. Infatti mentre in molte americanate di questo genere,l'umanità è sempre ciò che risolve tutto,in questo caso è totalmente inerme!Almeno questo!? Diamine, sono esseri giganti,e per di più Godzilla ha incorporato un giubotto anti-proiettili,ma poi è buono,lasciatelo stare! Certamente gli effetti speciali non sono come quelli di :"Dinoscroc vs Supergator",tutt'altro! Molto suggestivi,con panoramiche davvero apprezzabili. Scarno di combattimenti,le inquadrature cambiano subito scena non appena i mostri iniziano la lotta,il regista non ci fa "gustare" bene le azzuffate. Godzilla come un pugile cade spesso al tappeto per poi rialzarsi creando degli effetti di suspance....poco suggestivi! Cosa dire del cast? Non è del tutto da buttare:abbiamo Juliette Binoche (che però dura meno di Clooney in Gravity),Bryan Cranston,Aaron Taylor-Johnson (il belloccio,protagonista del film). Le vicende,a parte,FORSE,nella primissima parte,non sono nulla di che,anzi...spesso annoiano per il semplice fatto che sanno troppo di "già visto". Comunque dopo aver dato molti "indizzi" sul film,nel complesso il film non mi ha deluso (le delusioni sono ben peggiori), ma l'ho trovato "una spesa persa",un film che si può benissimo non vedere,tutto fumo e niente arrosto...
SE A VOI E' PIACIUTO,COMMENTATE PURE! ANCHE PERCHE' LA CRITICA,IN FIN DEI CONTI,E' STATA POSITIVA.
—————
Juan Oliver (Alberto Ammann) è stato assunto come secondino in un carcere di massima sicurezza. Durante un sopralluogo guidato per prendere familiarità con il luogo, scoppia una rivolta fra i detenuti, capeggiata da Malamadre (Luis Tosar), leader carismatico del penitenziario.
A questo punto, a Juan non resta che spacciarsi per detenuto, affinché non venga massacrato e, al contempo, possa avere il tempo di mettersi in contatto con la polizia all'esterno.
La trama è semplice, ma lo sviluppo del film è stato pressoché interessante. Infatti, ci troviamo di fronte ad una pellicola che abbraccia diversi punti di vista sulla questione, in particolare due: da un lato, il tumulto della rivolta e la speranza nei detenuti di ottenere qualcosa dalla sua realizzazione; dall'altro, la lotta di Juan per la sopravvivenza, costretto ad immergersi sempre più a fondo in un mondo che non gli appartiene.
Sembra, inoltre, che la storia quasi ci costringa a considerare il carcere da una possibile prospettiva più umana e meno giudicatoria; infatti, al di la del classico stato di rivolta che ci troviamo ad osservare, una piccola parte di dialoghi ci invita a soffermarci sullo stato più drammatico dei galeotti ed il fatto che non abbiano più nulla da perdere: il peso delle loro condanne grava sulle loro scelte.
La pellicola è spesso interrotta da giochi di flashback del protagonista, atti a mostrare l'intimità della sua vita quotidiana assieme alla moglie Elena (Marta Etura), tra l'altro, in dolce attesa. L'elemento "moglie/bambino" sarà determinante sia ai fini della trama che per il lato psicologico di Juan, che imparerà a conoscere un lato di se stesso mai scoperto finora. Assisteremo, infatti, ad uno stravolgimento dell'intero girato, che porterà ad un susseguirsi di avvenimenti uno più intenso dell'altro, proiettati verso un degrado esponenziale dei fatti.
In conclusione, credo sia un film tutto da vedere; e ve lo consiglia una persona che, solitamente, preferisca altri generi.
-BIANCO EUGENIO-
—————
Non credo di esagerare nel ritenere questo film uno dei più riusciti di Scorsese.
"Gangs Of New York" è, fondamentalmente, un film che si giostra fra due sfere: una relativa alla storicità dei fatti narrati, che benché presentino qualche piccolo errore di fedeltà, quest'ultimi vengono compensati dall'ottimo lavoro nella realizzazione del set e dei costumi ottocenteschi (omaggiati più volte anche nelle critiche); nell'altra sfera, entriamo in contatto con la quotidianità di quel periodo, ma con un approccio più dinamico, diretto e, senza dubbio, estremo. Ci troviamo a dover vestire i panni di Amsterdam Vallon (un giovane Leonardo Di Caprio), deciso a vendicare il genitore "Padre Vallon" (Liam Neeson), perduto, in passato, durante le violente competizioni tra le bande rivali nel quartiere dei Five Points di New York, nel 1846. Quest'ultimo, a capo della gang dei "Conigli Morti", fu sconfitto da William Cutting, detto "Bill il Macellaio" (Daniel Day-Lewis), capo dei "Nativi".
Dunque, qual'é la situazione? E' difficile poter descrivere la generale atmosfera del film: la pellicola ci mostra un susseguirsi di avvenimenti ben legati fra loro, in un misto di disordine sociale e spargimento di sangue. Benché sia un girato a tratti decisamente violento, al contempo, riesce chiaramente a trasmettere la costruzione dei personaggi e le loro iniziative, all'interno di un panorama arricchito dalla storicità della Guerra di Secessione. Il protagonista si ritroverà a dover interagire con l'assassino di suo padre (dal canto suo, inconsapevole dell'identità del giovane), affinché possa consumare un giorno la sua vendetta; ma il susseguirsi degli eventi finirà per travolgerlo, tanto da farlo entrare perfino nelle grazie del Macellaio. William sente una sorta di affetto paterno per Amsterdam, tanto da coinvolgerlo nel suo dominio del quartiere. Lui, di ricambio, verrà impegnato in una sorta di lotta morale, in cui percepisce la confidenza con la sua nemesi come avversiva e indegna, del tutto contraria alle sue prime intenzioni. Inoltre, il tutto si sussegue parallelamente ad una vicenda amorosa con Jenny Everdeane (Cameron Diaz), che non stona; al contrario, riesce a guadagnarsi il giusto spazio, senza soffocare con inutili effusioni amorose l'intero girato; devo ammettere, inoltre, che la coppia Diaz/Di Caprio funzioni quanto basti.
Non posso, tuttavia, non aggiungere una nota particolare per un Day-Lewis che ci piace e parecchio, soprattutto nelle scene più drammatiche, in cui riesce perfettamente ad interpretare la figura del patriottico cittadino americano, legato alla sua terra quanto alla sua lama.
Insomma, lasciate che vi consigli un film che, di per sé, ha il necessario: una fotografia dalla buona resa e un cast ben piazzato, per una pellicola da 167 minuti che non teme neanche lontanamente di annoiare.
-BIANCO EUGENIO-
—————
"Bad Boy Bubby".
Un romanzo cinematografico. Una pillola dall'intriso potere introspettivo e le più intense emozioni; e chiedo venia se il mio gusto soggettivo mi spinga a parlarne in tal modo.
Tralasciando l'introduzione da gran duca ... gran film, ragazzi. Seriamente, un gran film.
Premetto che tenterò in ogni modo di sintetizzare i concetti più importanti in una recensione, spero, più snella; ma questo mio risparmiarmi, sappiatelo, è assai arduo: non ho mai visto un cocktail così ben concentrato e OMOGENEO.
Velocemente la trama: Bubby (Nicholas Hope) è un 35enne con qualche problema a livello sociale e disciplinare, a causa della situazione familiare (unico, la madre - Claire Benito) che non gli ha consentito la giusta educazione. La madre tratta il figlio esattamente come un bambino, riuscendo a sottometterlo a proprio piacimento; Bubby, però, ha un'adorazione forte per la genitrice, e non batte ciglio.
A complicare le cose, ci sarà l'inaspettata entrata in scena di un padre (Ralph Cotterill), falso-prete scomparso per 35 anni dalla casa familare e ora in fase di abbordaggio. Bubby trova difficoltà a socializzare con il suo vecchio, a cui, tra l'altro, non sembra importare nulla del figlio, e ,anzi, si diverte con la ritrovata moglie e le ritrovate pulsioni ormonali. La faccenda si fa stretta, ed il nostro uomo-bambino arriva perfino ad uccidere i propri genitori (con una certa inconsapevolezza infantile). Di qui in poi, Bubby uscirà per la prima volta di casa, dopo ben 35 anni, vagando per un mondo che non ha mai visto; ed è questo, signori, il punto in cui inizia il film.
Il personaggio di Bubby è una costruzione geniale e, al contempo, carismatica, a suo modo; quest'ultimo è quasi 40enne, ma ha la mente di un infante, ed è nella cosiddetta fase "spugna", ovvero il momento in cui un bambino interagisce con il mondo ... e apprende. Questo porta lo spettatore ad immergersi nel graduale cambiamento del protagonista, in una tavolozza di episodi significativi. Ci accorgiamo dell'influenza totale che il sistema abbia su Bubby: esso sembra schiacciarlo, non dargli tregua, che non gli dia il tempo d'imparare come funzioni. L'atto di uccidere i propri genitori, immerso nella più totale inconsapevolezza, è, al contempo, il lasciapassare per una nuova dimensione, che finora non era riuscito nemmeno ad immaginare. Per le strade, il nostro protagonista vuole suoni, colori, forme ... afferrare ogni nuova sensazione e farla sua. Ogni persona che incontri, ogni espressione che senta, ogni luogo che visiti, diventa suo bagaglio personale, che poi sfodera in ogni momento glielo consenta; lui diventa specchio di una società bieca e corrotta, in cui i pochi fasci speranzosi appaiono come fioche fiammelle nell'ombra.
Ed in questo mondo degno di sfiducia, solo una cosa lo salva: la musica; calda e appagante, colora e avvolge dolcemente il piccolo uomo, che intanto si scontra con la nuova personalità nata in lui: "Pop" (soprannome appartenente al padre), alter ego di Bubby e risultato del contatto tra esso e la società. L'intero film è forte e dolce allo stesso tempo, con un susseguirsi di scene che oscillano tra il raccapriccio e la commozione, tra le intense emozioni e i momenti più ironici. Abbiamo, inoltre, la sensazione che la pellicola sia un lento e ordinato approfondire di situazioni cronologiche, con una gradualità azzeccata, ma nemmeno questo è casuale: ben 32 direttori di fotografia vennero adoperati per ogni location, ed essi definirono perfettamente i contorni della sceneggiatura. Raramente ho visto film così intensi, ma al contempo fluidi e ben girati, perfettamente in grado di trasmettere la profondità morale degli eventi. Le scene drammatiche sono determinanti e spesso ansiogene, guidate da un cast ben scelto, vestiario compreso; inoltre troviamo un particolare sfondo sessuale che ci si propone più volte, ma sfondando ben altre pareti di moralismi inutili: quest'ultimo è un concetto che si propone in diversi momenti, a partire dal voler mostrare il lato feticista del povero Bubby, incastrato nei suoi 35 anni di reclusione con la madre dalle richieste più incestuose della donna; quest'ultime, probabilmente, atte a compensare l'assenza di un'attività sessuale costante nella propria vita.
Noi spettatori siamo coscienti di tutto questo: scene su scene apriranno nuovi orizzonti, e ci permetteranno di vedere il lato introspettivo degli avvenimenti, assorti dalle incredibili e differenti atmosfere che il film generi; concetti fondamentali verranno rivelati in momenti sacri del film, come l'incontro con la band, la situazione all'ospedale (molto apprezzabile, qui, la prova dell'attore protagonista), le conoscenze più singolari ...
Tutto per sfociare in un finale totalmente inaspettato, un lieto fine che si fa "non-classico" nel suo essere classico, del tutto irregolare con le premesse che facevano preagire ben altra tipologia di film.
Inoltre, devo dire di aver apprezzato il doppiaggio italiano, con un Tonino Accolla inconfondibile e risolutivo nell'impegno per le scene drammatiche. Però, devo ammettere qualche perplessità sulla pellicola; mi rendo conto che qualche contenuto non sia esattamente alla portata di tutti, in quanto, alcune volte, si potrebbe andare incontro al ferire la sensibilità di una buona fetta del pubblico. Infatti, il girato presenta (anche se solo in qualche scena iniziale) alcune riprese mirate ad animali (ho provato un certo fastidio anch'io); in più, un probabile accanimento nei confronti della religiosità, che sembri assumere anche un ruolo fondamentale all'interno del film. Tuttavia, non voglio scoraggiarne la visione, parliamo di poche scene e brevi; estraniatevi, come ho dovuto fare anch'io.
Comunque sia: famiglia, legge, religione, musica ... questi argomenti dal valore simbolico sono tutti racchiusi in una pellicola unica nel suo genere; un lavoro ben svolto, studiato, e che non può non lasciare qualcosa allo spettatore. Credetemi, se vi parlo di quanto sia stato difficile scrivere questa recensione: ci sarebbe da parlarne ore, ma non potrei far altro che spoilerarne tutto il contenuto per poterne descrivere la forma.
Ovviamente, ragazzi, gustibus! Ognuno apprezzerebbe a suo modo; come al solito, per questa tipologia di film, ciascuno percepisce il suo sapore. Io, ve lo consiglio caldamente.
-BIANCO EUGENIO-
—————
Concedetemi un tipo di recensione un pò più particolare, e spero di non risultare noioso: perché voglio parlare di questo film?
La trama è molto semplice: due inviati, Angela (Manuela Vevasco) e il suo cameraman Pablo (Pablo Rosso), devono svolgere un servizio sull'attività dei pompieri, per una trasmissione notturna denominata "Mentre tu dormi". Dopo qualche ora di interviste random, ricevono una chiamata d'emergenza, riguardante una signora anziana di un condominio che pare si comporti "in modo strano". All'arrivo dei due protagonisti e dei pompieri, quest' ultimi si rendono conto che, effettivamente, ci sia qualcosa che non vada: i civili dell'edificio cominciano ad accusare uno ad uno sintomi particolari, che li porterà a comportarsi in maniera pressochè violenta, nonchè "cannibale". Successivamente, le forze dell'ordine e le forze mediche provvederanno a far mettere in quarantena l'intero condominio: pare che il nocciolo della questione ruoti attorno alla presenza di un virus; questa situazione lascia i due inviati e i pompieri con gli infetti, intrappolati nella struttura.
Non voglio fare spoiler di alcun tipo, anche se credo che una certa maggioranza di voi l'abbia visto. Comunque sia ...
Premetto di essere un pò un "cultore" del genere horror: di film simili, ne ho guardati in abbondanza e continuo a farlo, anche con una vena di masochismo, ammettendo io sia facilmente impressionabile; effettivamente, con i tipi come me, i registi di oggi ci vanno a nozze, soprattutto considerato l'ormai standard modo di girare le pellicole di questo genere. Perché dico questo? Al giorno d'oggi (e forse concorderete con me), un classico film horror è un girato ricco di cliché, a partire dalle trame più banali fino a giungere alle reazioni umane più ridicole e poco realistiche dei personaggi; in particolare, sono di routine quelli che vengano spesso definiti "botti improvvisi": le classiche scene che ti facciano saltare dalla poltrona; non che in passato i vecchi cult del genere non ne avessero, ma queste, a mio parere, erano forse più organizzate, amalgamate con la trama. Se prendiamo, per esempio, "L'esorcista" (1973), noteremo scene di questo tipo, ma contornate da quella che a me piace chiamare "inquietudine". Cosa intendo con questo termine? Parlo dell'atmosfera che generi ansia, che metta lo spettatore in condizione di agitazione, che lo aiuti ad immedesimarsi nelle scene, nei personaggi e le loro scelte. Oggi come oggi, "l'inquietudine" è un "miracolo cinematografico": non fanno altro che rifilarci film di un'ora e mezza tutti basati su questo effetto-sorpresa, di cui, ormai, almeno io ho la nausea ...
L'atmosfera ansiogena sembra essere, invece, sparita; non confondiamo l'ansia del "cosa ci sarà dietro quella porta?" con il "cosa farà adesso il protagonista?". Perché il problema è proprio questo, ragazzi: non c'é più immedesimazione; non ci si concentra più sullo stato d'animo dei protagonisti, ma si sta semplicemente vigili per quelle scene in cui dovrai coprirti gli occhi o girare lo sguardo. Questo, naturalmente, va penalizzando anche la godibilità del film stesso.
Torniamo a bomba su "Rec". Il mio citarlo non è certo perché sia un film di particolare bellezza, e di certo non perché sia privo di questi classici "BUH!"; anzi!
Il film ha, però, un'unica particolarità che vada messa alla luce: il metodo di ripresa. Come fu anche per altri film, come "Cannibal Holocaust" (1980), l'intera pellicola è girata sfruttando il punto di vista di un cameraman: abbiamo la classica fotografia un pò sporca da servizio televisivo, che da al tutto un tocco particolare; infatti, benché non parliamo di dettagli rilevanti riguardanti la sceneggiatura, la scenografia, il cast ... tuttavia ci troviamo di fronte ad un'atmosfera che ci costringa a rispettare determinati parametri. Il punto di vista del cameraman Pablo ci lega fortemente alla sua fisicità, imponendoci di seguire ogni suo passo in qualsivoglia angolo dell'edificio; ricordiamo che l'intera struttura sia la culla di un virus, per cui ogni suo piano o appartamento è un punto rischioso. Nessuna zona è al sicuro, tu ne sei consapevole, ma non puoi far altro che seguire la telecamera, che ti trascina in questa sfera d'impotenza generale; l'obiettivo della camera non ti da modo d'interagire mentalmente con lo stato degli avvenimenti, poiché tutto sia un fluire di eventi: gente che venga infettata, gente che muoia ... il tutto reso bene dal semplice effetto di una ripresa quasi amatoriale (ricordiamo che il film tratti un servizio ancora da montare, parliamo di giornalismo.).
Questa tecnica di ripresa è stata utilizzata da molti altri film successivi a questo, come "Paranormal Activity" (2007), o altri più legati al tema "catastrofismo", come "Cloverfield" (2008).
Questo di "Rec" non è, dunque, un dettaglio: so quanto oggi sia difficile intravedere punti a favore in pellicole praticamente fatte tutte con lo stampino, ma bisogna sempre riuscire a identificare sia i lati positivi che le negatività di ogni girato.
"Rec" non è, secondo me, tra i film migliori del genere, ma presenta una caratterisitca che ti dia, perlomeno, una traccia di quell'inquietudine di cui cianciavo prima; ritengo, inoltre, che sia un elemento valido su cui si possa costruire qualcosa di un pò più originale e meno banale.
Conclusione? Potrei consigliarvelo ... e magari avrete almeno una parvenza di quello stato d'ansia che ,personalmente, consideri il "dannato miracolo horror".
-BIANCO EUGENIO-
—————
—————
—————
Lei...tutti noi siamo alla ricerca continua di una "lei",di un "lui"ideale,fatto su misura per noi. Ma cosa succede,quando questo\a non ha un corpo? Potremmo chiedere al Sig. Poenix, che in questo film si innamora di un sistema operativo che sfrutta l' intelligenza artificiale. Il film si svolge in un futuro non troppo lontano dove la tecnologia è molto avanzata,ma il modo di relazionarsi delle persone meno estroverse o sole,non è molto differente da ciò che accade nel nostro presente. Ormai,con siti per single,chat, ecc ecc.. non mi sorprenderei se qualcuno parlasse anche con una "Samantha" (la voce del sistema operativo del protagonista del film), alla fine,le anime sole (anche le più timide),spesso,vogliono solo aprirsi,parlare,scrivere con un "qualcuno" che sappia ascoltarle. E come non apprezzare questo "qualcuno" a cui sta a cuore ciò che diciamo? Senza distaccarci dal film in questione,qui si affronta una tematica a molti cara,per altri esagerata,ma nonostante questo, originale. Abbiamo un Joaquin Poenix a dir poco coinvolgente,capace di far girare il film in maniera pulita da solo. Nonostante il film presenti un buon cast (tra cui Amy Adams),essi non possono far altro che intervenire saltuariamente nella "vita scenica" di Theodore (Poenix). Ed è davvero molto interessante il personaggio di Poenix, e lui lo interpreta in modo perfetto,senza l'aiuto di nessuno,se non di una voce. Se proprio devo essere sincero,mi aspettavo almeno una sua nomination agli oscar come miglio attore. Ma cosa dire della "voce" del sistema operativo? Sensuale,dolce(è pur sempre la voce di Scarlett Johansson), la voce che accompagna Theodore per tutto il film, piano piano la immagineremo con un corpo,come una persona. Il film infatti, seguendo le vicende del protagonista, è come se ci catapultasse nella mente di quest'ultimo facendoci immaginare ciò che lui immagina. Come sempre non parlo molto specificamente della trama o meglio delle vicende che si susseguono. E' un film,sicuramente,da mettere nella lista "da vedere", ed apprezzare il grande lavoro di Joaquin Poenix.
—————
Oggi abbiamo inaugurato il nostro nuovo blog. Continuate a frequentarlo e vi terremo aggiornati. Potrete leggere i nuovi post del blog tramite il feed RSS.
—————
Questa è la mia prima recensione di film, e devo dire che sono molto contento di parlare de:" Il lato positivo". Innanzitutto possiamo dare qualche informazione tecnica preliminare: La regia è di David O. Russell, parliamo di una commedia drammatica basata sul romanzo di Matthew Quick,il cast è formato da Bradley Cooper,Jennifer Lawrence,Robert De Niro (i principali e più noti). Il film parla di Pat,un uomo che aveva perso lavoro e moglie,dopo mesi in un istituto psichiatrico per disturbo bipolare( avendo sorpreso la moglie fedigrafa) torna a vivere con i suoi genitori deciso a riconcquistare la moglie. Pat incontra una problematica donna,Tiffany,che aveva perso il marito in un incidente. Lei vede qualcoa di diverso in lui,rispetto gli altri uomini che aveva incontrato,decide quindi di aiutarlo. Potrei continuare con la trama,ma visto che riuscirei ad inserire parti importanti, che magari vorrete scoprire da soli,come è giusto che sia,mi fermerò qui! Il film,che presenta una trama divertente,ma nello stesso tempo complicata, è resa in maniera assolutamente impeccabile da parte del ragista,che organizza la vicenda in maniera leggera,sciogliendo,parti anche più drammatiche,in modo che il film risulti molto scorrevole ed assolutamente affascinante. Questa, è una caratteristica, dello stesso O. Russell, che si manifesta in ogni suo film (The Fighter,American Hustle). Leggerezza ed emozione. Gli stessi attori che si muovo all'interno del film, sembrano perfetti per le parti: ottima la prova di Cooper e della collega Jennifer Lawrence che nonostante la giovanissima età, ha svolto il ruolo in maniera impeccabile,tanto da essere stata premiata con l'oscar. Nel complesso il film è decisamente riuscito,e merita di essere visto e rivisto, non solo per la bellezza dell'opera in se,ma anche per ciò che il film lascia una volta guardato. Con una morale,che si va ad articolare man mano che i minuti trascorrono,l'opera lascierà qualcosa di positivo a chi la vedrà. voto 7.5 su 10.
—————
La lista dei tag è vuota.